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domenica 12 agosto 2012

La verità - Francesco Picca

Da "Il Gabbiano sulla petraia - Liriche" edito da Grafischena SpA - Fasano (Br) 1977.

Prefazione di Teresa Balestra Resta (pag. 7-8)

La poesia è veramente la rosa che sboccia in tutti i luoghi e in tuttti i tempi. Lo dimostra quella di Francesco Picca, nata nel retrobottega di una farmacia e in un tempo in cui non si può certo parlare di juvenilia; è proprio questo il motivo che ci induce ad accostarci alla presente produzione poetica con molta prudenza e serietà.
Picca è un poeta la cui statura è stata accresciuta dal molto dolore, tanto da diventare egli stesso tempio dell'amarezza, ( ... il tempo ha dimenticato una cupola di piombo sui miei giorni - egli canta) ma, pur sotto l'opprimente caligine, il suo è il canto di un essere innamorato della vita.
Nei suoi versi i fattori essenziali che dominano l'esistenza umana.
La Bellezza, la Passione, la Verità, l'Amore, i Ricordi, la Morte diventano ispirazione poetica che trascende le contingenze fenomeniche per proiettarsi arditamente alle altezze dell'arte.
Il linguaggio scaturisce spontaneo dal cuore che vive la sua legge umana, ma contemporaneamente sfugge ad essa esiliandosi in una stratosfera d'idillio e d'incanto.
Semplice e sincera, la poesia di Francesco Picca, rifiuta qualunque manierismo poetico e qualunque funambolismo verbale, perciò la spontaneità del linguaggio, fondendosi alla genuina elaborazione creativa, riesce a rendere un autentico messaggio di emotività e consapevolezza; i suoi versi soffrono di un'armoniosa gravità e, commuovendo, suscitano suggestivi incanti.
Il suo è davvero il volo di un gabbiano a cui dinanzi, quasi rifugio, si para una costiera; egli valica la tempesta dell'anima come il gabbiano quelle del mare e se a volte l'ala stanca si piega, appesantita dall'umano soffrire, per quella magia che solo la poesia può compiere, la bianca schiuma si trasforma in profumate zagare e lo stesso grido diventa musica.


LA VERITA'

Amarezza, 
lontano da me dove andresti?
Muovevo appena i primi passi
quando mi dissero 
che dovevo accettarti
per una sola stagione,
ma nel dischiuderti
l'anima innocente
divenni per sempre tuo rifugio.
Ancora oggi la sete
la spegni con le mie lagrime
e la fame col mio dolore.
Per giaciglio ti scegliesti il cuore.
Forse neppure io 
saprei vivere senza di te.
Avviluppato dalle tenebre della notte
mi accecherei se all'improvviso
spuntasse per me
un raggio di sole.