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lunedì 27 agosto 2012

E tornerà l'inverno - Sissi Tursi


E tornerà l'inverno


Oh quante stelle stanotte
e niente luna.
E questo vento leggero
che preannuncia,
frettoloso,
un cambio di stagione
inaspettato.
Qui, dall’alto dei tetti,
come in cima agli alberi alti,
dondolando alla ninna nanna
cantata dal vento.
E tornerà l’inverno
Senza che tu abbia goduto
della mia pelle abbronzata
o baciato il mio sudore.
Tu sei l’inverno per me.
I miei ricordi con te
si accompagnano sempre
al vento freddo.
D’altronde,
come quello dell’anima mia.

sabato 25 agosto 2012

Notturno - Francesco Picca

         Gentili lettori,
prima di passare alla lettura dei miei versi, desidererei che vi soffermaste su questa pagina innanzitutto per ricevere il mio doveroso, grato saluto e, poi, per consentirmi di intrattenervi brevemente sulla poesia.
   Non mi occuperò ovviamente della mia poesia, ma bensì di quella del Maestro Mario Lovri, che ha realizzato la copertina.
  Egli, con il consueto impegno e la rara sensibilità del vero Artista, è riuscito a rappresentare in maniera completa e perfetta le cose, i luoghi e perfino i moti dell'animo, che ho cercato di tradurre in versi.
Poesia non è solamente quella forma letteraria che tutti conosciamo; poesia può essere anche ciò che è bello, che incanta, che produce emozioni, che risveglia sentimenti sopiti.
  Poiché la copertina di Lovri produce tali meravigliose reazioni, vorrei considerarla, nell'ordine, come la prima poesia di questa raccolta o, se preferite, il prologo.

                                       FRANCESCO PICCA


NOTTURNO

Luna
che nel chiarore astrale
per mille e mille vie
conduci i miei pensieri
posami raggi sulle guance sfiorite.
Carezze felpate
di vaghezze infinite.

giovedì 23 agosto 2012

Come in un quadro di Magritte - Sissi Tursi



Come in un quadro di Magritte - 1° agosto 2012

 

La luna piena
sotto una coltre di nubi
fa il cielo luminoso.
Tutt’intorno
notte.

martedì 21 agosto 2012

L'ultima volta che ci siamo visti - Anna Achmatova

Una donna, la poesia, la Russia mia e di chi la ama come me.





L'ultima volta che ci siamo visti (1914)

L'ultima volta che ci siamo visti
E' stato al solito posto, sul lungofiume.
La Neva era gonfia
Minacciava di straripare.

Alludevi ai capricci dell'estate,
Al fatto che per una donna è sciocco poetare.
Com'erano alti il palazzo dello zar
e la fortezza dei santi Pietro e Paolo -

Nulla era nostro, neanche l'aria.
Era un dono di Dio, così portentoso
Che in quell'attimo mi fu elargita
L'estrema canzone del mio tempo svagato.

В последний раз мы встретились  (1914)

В последний раз мы встретились тогда
На набережной, где всегда встречались.
Была в Неве высокая вода,
И наводненья в городе боялись.

Он говорил о лете и о том,
Что быть поэтом женщине - нелепость.
Как я запомнила высокий царский дом
И Петропавловскую крепость! -

Затем что воздух был совсем не наш,
А как подарок божий - так чудесен.
И в этот час была мне отдана
Последняя из всех безумных песен.

giovedì 16 agosto 2012

Sera d'estate - Rudin

La poesia di un caro amico.




SERA D'ESTATE

Le tue mani, piccole nelle mie,
enormi tra i miei capelli.
La tua bocca, sorridente, mi abbraccia
con piccoli baci e teneri morsi,
di cui ho ancora il sapore, stamattina.
E quel sole, intravisto nel buio del locale,
risplende nei miei occhi e illuminerà a lungo
il ricordo di una sera d'estate.

mercoledì 15 agosto 2012

Ad altri da te - Dylan Thomas

Bellissima poesia di Dylan Thomas, egregiamente recitata da John Travolta nel film "Una canzone per Bobby Long" ("A love song for Bobby Long")

 

 

Ad altri da te

Amico da nemico io ti sfido.

Tu con monete false nelle borse degli occhi,
Tu amico mio dall'aria accattivante
Che per vera mi rifilasti la menzogna
Mentre spiavi bronzeo i miei più gelosi pensieri,
Che mi allettasti con luccicanti pezzi d'occhio
Finché il dente goloso del mio affetto trovò il duro
E scricchiolò, e io inciampai e succhiai,
Tu che ora èvoco a stare come un ladro
Nella memoria, moltiplicato da specchi,
In sorridente inobliabile atto,
Mano lesta nel guanto di velluto
E un martello contro il mio cuore,
Eri una volta una tale creatura, un così allegro,
Schietto, spassionato compagno,
Che non avrei mai detto né creduto
Mentre una verità spostavi nell'aria,

Che per quanto li amassi per i loro difetti
Come pei loro pregi,
I miei amici non erano che nemici su trampoli
Con la testa fra nuvole d'astuzia.


To Others Than You

Friend by enemy I call you out.

You with a bad coin in your socket,
You my friend there with a winning air
Who palmed the lie on me when you looked
Brassily at my shyest secret,
Enticed with twinkling bits of the eye
Till the sweet tooth of my love bit dry,
Rasped at last, and I stumbled and sucked,
Whom now I conjure to stand as thief
In the memory worked by mirrors,
With unforgettably smiling act,
Quickness of hand in the velvet glove
And my whole heart under your hammer,
Were once such a creature, so gay and frank
A desireless familiar
I never thought to utter or think
While you displaced a truth in the air,

That though I loved them for their faults
As much as for their good,
My friends were enemies on stilts
With their heads in a cunning cloud.

martedì 14 agosto 2012

I miss you so much - Sissi Tursi

"I pensieri della sigaretta - Come alla fine dell'alfabeto" (luglio 2012)



I miss you so much

I miss you so much
Always and again.

Di nuovo qui, seduta a terra, cerco te:
nella luna ancora pallida,
pallida e sola nel cielo comune,
nel fumo di una diversa sigaretta,
nelle note calde della prima canzone che mi hai dedicato,
nelle lacrime sempre cocenti che accompagnano ancora i miei ricordi.
E mi ritrovo qui:
con la malinconia come pressante compagna delle sere mie,
e col pensiero a te che vivi deciso un’altra vita
fatta di progetti a me lontani,
a cercare invano nella cenere caduta,
l’effimera consolazione al lutto arcano
che accompagna il non  volersi più.

lunedì 13 agosto 2012

Ti racconto, nonna, com'è bello il mare. - Sissi Tursi

Il 13 agosto dello scorso anno è mancata una grande amica, che ha lasciato un grande vuoto dentro di me e in tutti coloro che l'hanno conosciuta. 
Da lei ho avuto ispirazione per questo racconto che forse è più una poesia che un racconto vero e proprio.
Quindi questo racconto/poesia è per te mia Kri, ma anche per te Fer, che ci hai lasciato di nuovo orfane di un'altra persona speciale nel gennaio di quest'anno.
Grandi donne, belle, simpatiche e di cuore, come solo le donne sanno essere. Onorata di avervi conosciute, ragazze. Ci mancherete sempre.

E chiaramente a mia nonna. 

Sissi 

P.S.  
Ultimo, ma non ultimo, un mio personale ringraziamento va a "Costa Crociere", che mi ha aiutato a crescere e mi ha dotato di magnifici ricordi.





Ti racconto, nonna, com’è bello il mare.


A Kristel e Fernanda, andate via troppo presto.
Vivrete sempre nei nostri cuori.


Dormire cullati dallo sciabordio delle onde era una consuetudine ormai, nonna. E’ qualcosa che poi ti rimane impresso nell’anima e ti accompagna per il resto della vita.
Al mio primo imbarco avevo la cabina al ponte 3, al livello dell’acqua, là, sulla Costa Riviera, così, quando mi accucciavo in quel lettino, con la tendina tirata e con il viso rivolto verso la paratia, era come se fossi una sirena che nuotava, accompagnando la nave all’entrata del prossimo porto. Durante la notte, nonostante il rumore dei motori, la Costa Riviera era una nave ormai vecchia, potevo distintamente sentire l’acqua sullo scafo e addormentarmi al suono delle onde.
Mi hai sempre raccontato che ti sarebbe piaciuto andar per mare, ma l’unica esperienza legata a quella grande distesa d’acqua era il guardare, di tanto in tanto, dal terrazzo della villa, le navi che entravano o si allontanavano dal porto. A volte navi mercantili, a volte traghetti, più raramente navi passeggeri. Quando eri giovane tu, il concetto di crociera, come lo si intende oggi, non esisteva.
Abbiamo sempre avuto la fortuna che il mare fosse un elemento decorativo della nostra casa. Così vicini a lui, come inclusi nel paesaggio marino.
L’odore del mare faceva parte della nostra casa e ne impregnava i muri.
Nei miei ricordi di bambina e di adolescente malinconica, senza amici coetanei, il mare ha sempre un posto d’onore, con la salsedine che imbiancava gli infissi e che portava fino a noi profumi e dolori lontani.
Quando c’era la guerra nella ex Yugoslavia, ad esempio, a volte mi fermavo a guardare l’orizzonte dalla finestra o dalla riva del mare e mi sembrava di esserne così lontana eppure così vicina. Divorando quotidiani, sempre assetata di notizie, mi sembrava quasi di avvertire l’eco degli spari dei cecchini portati fino a me dalla corrente e condividevo la paura della gente che immaginavo nascosta in case danneggiate e buie.
D’altronde, è sempre stato così. Il mare avvicina ed allontana le genti.
Sembrava incredibile che dall’altra parte del mare un’altra me stava vivendo una tragedia così grande, mentre io me ne stavo lì, in silenzio, a guardare la risacca, che per me significava quella casa amata-odiata e che forse per qualcun altro significava invece libertà.
O quella volta che il mare ci ha vomitato tutta quella gente, nostra dirimpettaia, ricordi nonna? Tutti quegli sconosciuti che come uno tsunami hanno inondato di disperazione il porto, le strade e la tranquilla vita di tutti i  giorni. Appesi a quelle tinozze invocavano solo acqua e pane e ancora arsi dal sale li abbiamo stipati in lager all’aperto, sotto il sole d’agosto, e la rabbia che dilagava ha fatto da controcanto alla noia vacanziera dei più.
Disperazione da una parte e salvezza dall’altra. Gioia e dolore. Una riva vita e l’altra morte.
Così, più tardi, complice dei destini del mondo, quando mi si è presentata l’occasione, ho preso la palla al balzo e sono partita sull’amico mare, a scoprire se su sponde lontane poteva esserci maggiore serenità.
Mi sono imbarcata su uno di quegli hotel galleggianti oggi tanto di moda, ma per mia fortuna, come prima esperienza, mi hanno mandato a bordo di una nave ancora vecchio stile, che con i suoi ponti in legno ti faceva pensare a viaggi antichi colmi di speranze e sogni.
Nonna, non sai com’era bello essere una goccia di quel mare, cullarsi sulle onde o, nonostante il mal di mare, far parte, sballottati e fieri, della rabbia di una tempesta.
Meraviglioso l’entrare in certi porti: le mura piene di storia della Valletta, il ponte di Lisbona ed il monumento ai suoi navigatori, la navigazione del Bosforo, come in un viaggio nel tempo, il passaggio dello stretto di Messina, con Scilla e Cariddi a guardare la nostra sfilata. O l’approssimarsi a Zena, bella e maestosa dal mare, con le luci cittadine della sera che degradano e muoiono nell’acqua e la Lanterna a fare da cometa.
Guardare la terra da un altro punto di vista, nuovo, inusuale, insieme quello di chi arriva e di chi parte, di chi saluta e di chi spesso ha detto addio.
Nonna, ti avrei portato di notte a prua, sul ponte più alto.
Sulla Riviera c’era una lingua esterna a cui ci si arrivava facendo proprio tutte, tutte le scale, una estensione del ponte, piccola, proprio sopra il ponte di comando, in cui all’estremità al massimo ci potevamo stare tu ed io. Al buio, di notte, si era come inghiottiti dal cielo ed entravi a far parte di quell’unione mare e cielo insieme. Se ti voltavi in avanti e ti lasciavi alle spalle, in basso, anche le luci della nave, potevi cavalcare le stelle. Il vento caldo dell’estate riempiva i capelli e si poteva rimanere lì per sempre … e così capire perché è così bello andare per mare.
Nonna, ora sei qui attaccata a queste macchine, e non posso mostrarti  la schiuma che segue i delfini che accompagnano la nave fuori da Dubrovnik o l’imponenza di Piazza S. Marco entrando e uscendo da Venezia.
La senti la mia voce? Lo puoi vedere tutto questo con gli occhi della mia memoria? Riesco a fartelo immaginare? A fartelo … vivere?
Appena starai bene ti ci porto al mare, o a bordo, se te la sentirai, per poter verificare che dico il vero, che il vento della navigazione profuma di avventura e libertà.
Nonnina mia, che bello pensarti elegante che balli, con il nonno che ti guarda con negli occhi il suo amore fatto di poesia, nel salone di poppa dopo la cena di gala, sorridente e luminosa come sei sempre stata, con la scia di spuma bianca che si intravede dalla vetrata dietro la band. Suonano la vostra canzone, la senti? “… La lontananza sai, è come il vento, che fa dimenticare chi non s’ama …” che si mischia in una nuova melodia con quella tua risata buffa, e tu volteggi bella e leggera come una farfalla in volo, soave e frusciante nel tuo abito da sera, come il suo battito d’ali.
Ma ora tu sei qui, immobile, con il respiro pesante amplificato dalle macchine che suona invece un ritmo che sa di morte.
Non lasciarmi qui a guardarti impotente. Portami tu nel mondo in cui sei adesso, dove stai vivendo, quel mondo che immagino così bello da non voler tornare qui da me, fatto dello stesso mare che ti racconto, forse, e perciò irresistibile.
Se sei felice lì, nonna, capirò, come voi avete capito me quando sono andata via io, lontano dal rumore della mente, dalla confusione dei conflitti e dal dolore di questa tua malattia che ti mangia dentro e che è metafora stessa della vita.
E ti vedo ancora giovane con qualche filo d’argento tra i capelli biondi sparsi ora su questo anonimo cuscino, dare un bacio al chiaro di luna del ponte più alto, tutt’uno con il cielo, mentre io sono giù in basso, tutt’uno con il mare, a dare lo stesso bacio in un ponte equipaggio che ha un lieve odore rancido di quello che è il retroscena di quel mondo sfavillante.
Non è tutto oro e lustrini una nave da crociera.
E’ anche spazzatura, scarti, sudore e lacrime di bambini lasciati in paesi lontani ad aspettare i soldi dell’altra parte del mare, indispensabili alla sopravvivenza di famiglie di marittimi nostalgici.
Quel bacio silenzioso, il mio, senza speranza del domani, consapevole che ogni imbarco è una vita a sé, ogni nave una dimensione in sé, insieme fuori dal mondo e tutto il mondo intero, conosciuto in quel momento. Un universo cosmopolita, senza barriere, confini, razze, religioni. Una comune perfetta, spensierata eppure malinconica, dove le risate, la condivisione e il pensiero alle famiglie rimaste a terra sono il comune denominatore. Il marinaio italiano, la receptionist argentina, la hostess francese, il cameriere peruviano, il ballerino cileno, e chi più ne ha più ne metta. Tante lingue diverse ed una sola al tempo stesso, quella dell’amicizia. Per sempre stretta ed indissolubile perché fatta delle stesse esperienze e della convivenza di imbarchi interminabili, in una successione di giorni tutti uguali eppur diversi.
Ti sarebbe piaciuto questo mondo, nonna, o avresti preferito il tuo essere passeggera in abito da sera, senza puzza o aloni di sudore e con il tuo bacio fiero, esposto, gridato al mondo di chi quello stesso mondo ce l’ha nella propria mano e può farne ciò che vuole?
Noi lavoravamo molto allora, sai, spesso fino a tarda notte, e poi ci riunivamo su, al buffet deserto a bere un the, a giocare, ridere e raccontarci le nostre vite e la giornata appena passata. A volte avevo ancora addosso la maglia delle escursioni, impolverata di sabbia delle piramidi, stanca ma con gli occhi luccicanti di chi fa il lavoro che ama.
Te li avrei presentati, nonna, i miei amici, coloro che dividevano con me le onde di quel mare.
Però tu ora sei qui e non so se mi ascolti, se mi riabbraccerai o abbandonerai per sempre, lasciandomi come ricordo il profumo del sugo dei giorni di festa, che mi sembra di avvertire anche qui, mischiarsi all’odore familiare dei medicinali.
In questo letto sconosciuto non c’è il nonno e le sue fiabe della domenica mattina o l’eco di risate bambine e miagolii e guaiti dei cuccioli di casa.
Ci sei tu sola, già per metà al di là di questa vita, al momento fatta di dolorosa realtà, di ricordi e racconti e della mia speranza di poterti portare, ancora una volta un giorno, con me, al mare.



domenica 12 agosto 2012

La verità - Francesco Picca

Da "Il Gabbiano sulla petraia - Liriche" edito da Grafischena SpA - Fasano (Br) 1977.

Prefazione di Teresa Balestra Resta (pag. 7-8)

La poesia è veramente la rosa che sboccia in tutti i luoghi e in tuttti i tempi. Lo dimostra quella di Francesco Picca, nata nel retrobottega di una farmacia e in un tempo in cui non si può certo parlare di juvenilia; è proprio questo il motivo che ci induce ad accostarci alla presente produzione poetica con molta prudenza e serietà.
Picca è un poeta la cui statura è stata accresciuta dal molto dolore, tanto da diventare egli stesso tempio dell'amarezza, ( ... il tempo ha dimenticato una cupola di piombo sui miei giorni - egli canta) ma, pur sotto l'opprimente caligine, il suo è il canto di un essere innamorato della vita.
Nei suoi versi i fattori essenziali che dominano l'esistenza umana.
La Bellezza, la Passione, la Verità, l'Amore, i Ricordi, la Morte diventano ispirazione poetica che trascende le contingenze fenomeniche per proiettarsi arditamente alle altezze dell'arte.
Il linguaggio scaturisce spontaneo dal cuore che vive la sua legge umana, ma contemporaneamente sfugge ad essa esiliandosi in una stratosfera d'idillio e d'incanto.
Semplice e sincera, la poesia di Francesco Picca, rifiuta qualunque manierismo poetico e qualunque funambolismo verbale, perciò la spontaneità del linguaggio, fondendosi alla genuina elaborazione creativa, riesce a rendere un autentico messaggio di emotività e consapevolezza; i suoi versi soffrono di un'armoniosa gravità e, commuovendo, suscitano suggestivi incanti.
Il suo è davvero il volo di un gabbiano a cui dinanzi, quasi rifugio, si para una costiera; egli valica la tempesta dell'anima come il gabbiano quelle del mare e se a volte l'ala stanca si piega, appesantita dall'umano soffrire, per quella magia che solo la poesia può compiere, la bianca schiuma si trasforma in profumate zagare e lo stesso grido diventa musica.


LA VERITA'

Amarezza, 
lontano da me dove andresti?
Muovevo appena i primi passi
quando mi dissero 
che dovevo accettarti
per una sola stagione,
ma nel dischiuderti
l'anima innocente
divenni per sempre tuo rifugio.
Ancora oggi la sete
la spegni con le mie lagrime
e la fame col mio dolore.
Per giaciglio ti scegliesti il cuore.
Forse neppure io 
saprei vivere senza di te.
Avviluppato dalle tenebre della notte
mi accecherei se all'improvviso
spuntasse per me
un raggio di sole.

sabato 11 agosto 2012

Grazie a te - Sissi Tursi

"I pensieri della sigaretta - Come alla fine dell'alfabeto" (luglio 2012)




Grazie a te

Grazie a te,
al tuo bacio della notte,
riesco a godere di questa pace
insperata e fino ad oggi sconosciuta,
delle lucciole e del loro fiammeggiare intorno,
dell’instancabile frinire delle cicale,
dei passi lenti e sommessi degli animali del bosco che,
non più pavidi, si avvicinano
avvolti nella nera coltre della notte.
Le automobili sono solo un lontano rombare,
che non disturba la quiete su cui veglia questo estivo,
immenso manto di stelle,
non più quelle appassionate e spumeggianti dei naviganti,
ma quelle silenziose e attente
di chi osserva la notte e la propria vita
e tace.

venerdì 10 agosto 2012

Maestrale - Sissi Tursi




Maestrale

La vedo anche da qui
la spuma bianca che arriccia il mare
mosso da questo vento
che insieme porta sollievo
e agita gli animi
come le fronde dei pini.
Seduta sul balcone,
avvolta dall’odore del mare
che mi scompiglia i capelli,
guardo l’oleandro e la bouganville
danzare al ritmo del maestrale
e penso che invece,
nella notte dei desideri,
il mio solo e unico
sarà il placarsi del vento
che infuria dentro di me.

giovedì 9 agosto 2012

Sed de ti me acosa - Pablo Neruda

Una delle mie poesie preferite ... Prima in lingua originale.



SED DE TI ME ACOSA

Sed de ti me acosa en las noches hambrientas.
Trémula mano roja que hasta tu vida se alza.
Ebria de sed, loca sed, sed de selva en sequía.
Sed de metal ardiendo, sed de raíces ávidas.
Hacia dònde, en las tardes que no vayan tus ojos
en viaje hacia mis ojos, esperándote entonces.

Estás llena de todas las sombras que me acechan. 
Me sigues como siguen los astros a la noche.
Mi madre me dio lleno de preguntas agudas.
Tú las contestas todas. Eres llena de voces.
Ancla blanca que cae sobre el mar que cruzamos.
Surco para la turbia semilla de mi nombre.
Que haya una tierra mía que no cubra tu huella.
Sin tus ojos viajeros, en la noche, hacia dònde.

Por eso eres la sed y lo que ha de saciarla.
Cómo poder no amarte si he de amarte por eso.
Si ésa es la amarra cómo poder cortarla,cómo.
Cómo si hasta mis huesos tienen sed de tus huesos.
Sed de ti, guirnalda atroz y dulce.
Sed de ti que en las noches me muerde como un perro.
Los ojos tienen sed, para qué están tus ojos.
La boca tiene sed, para qué están tus besos.
El alma está incendiada de estas brasas que te aman.
El cuerpo incendio vivo que ha de quemar tu cuerpo.
De sed. Sed infinita. Sed que busca tu sed.
Y en ella se aniquila como el agua en el fuego.


SETE DI TE M'INCALZA

Sete di te m'incalza nelle notti affamate.
Tremula mano rossa che si leva fino alla tua vita.
Ebbra di sete, pazza di sete, sete di selva riarsa.
Sete di metallo ardente, sete di radici avide.
Verso dove, nelle sere in cui i tuoi occhi non vadano
in viaggio verso i miei occhi, attendendoti allora.

Sei piena di tutte le ombre che mi spiano.

Mi segui come gli astri seguono la notte.
Mia madre mi partorì pieno di domande sottili.
Tu a tutte rispondi. Sei piena di voci.
Ancora bianca che cadi sul mare che attraversiamo.
Solco per il torbido seme del mio nome.
Esista una terra mia che non copra la tua orma.
Senza i tuoi occhi erranti, nella notte, verso dove.

Per questo sei la sete e ciò che deve saziarla.

Come poter non amarti se per questo devo amarti.
Se questo è il legame come poterlo tagliare, come.
Come, se persino le mie ossa hanno sete delle tue ossa.
Sete di te, sete di te, ghirlanda atroce e dolce.
Sete di te, che nelle notti mi morde come un cane.
Gli occhi hanno sete, perché esistono i tuoi occhi.
La bocca ha sete, perché esistono i tuoi baci.
L'anima è accesa di queste braccia che ti amano.
Il corpo, incendio vivo che brucerà il tuo corpo.
Di sete. Sete infinita. Sete che cerca la tua sete.
E in essa si distrugge come l'acqua nel fuoco.

La tua mano - Donato Grasso

Nel giorno del suo compleanno pubblico la poesia dell'amico Donato, dedicata al suo papà, mancato qualche tempo fa.



LA TUA MANO

Ti cerco con lo sguardo
ma non ci sei.
Ti chiamo ancora una volta
ma non rispondi.
Cerco la tua mano
ma stringo solo aria
Eppure lo sento
so che sei accanto a me,
ma quella mano
che tante volte mi ha accarezzato
per darmi amore,
che tante volte mi ha colpito
ma non per farmi male,
che tante volte mi ha accompagnato
trasformando un fanciullo in un uomo,
ora non è più con me.
Solo il ricordo di te mi resta,
con il suono delle tue parole,
con la forza dei tuoi insegnamenti,
tu però non ci sei più.
Solo ora però ho capito che
quando cercherò la tua mano
non stringerò aria
ma tutto il tuo amore
chiuso dentro di me.